é domenica! tutti in gita!

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Ogni tanto anche da queste parti esce il sole e guarda caso, una volta tanto, è uscito anche di domenica. I vostri affezionatissimi non potevano certo farsi sfuggire l’occasione e come faine si lanciarono piedi e passeggino alla volta delle obese strade canadesi sotto un cielo azzurro come il mantello del principe…La nostra destinazione è l’isola di Ward, 10 minuti di Ferry Boat, un parco di qualche km quadrato in mezzo al lago (lago poi… è grosso quanto mezzo Adriatico), senza auto e con molte attrazioni naturalistiche.

E via che si parte!

Ormai noi Rizzos cavalchiamo con scioltezza tutti i mezzi pubblici della metropoli abbiamo imparato tutte quelle microregole che ti permettono di spostarti in una città senza fare la figura dell’idiota appena sceso dalla luna, abbiamo imparato che il tram non si chiama tram ma “Street car” (bella fantasia), che la metro non si chiama Underground (come tutta una generazione ha imparato sui dannati libri delle medie) ma Subway, il bus invece è sempre il bus, ma si dice “baasz”. Bene dopo questa sequela di banalità che sono l’ABC della sopravvivenza metropolitana, vengono le cose difficili, quelle con i nomi difficili… intersection, interchange, cross street e altri sdilinguimenti per la dannata geografia ortogonale di questa megalopoli costruita sulle ossa dei poveri indiani, dove per cambiare autobus con lo stesso biglietto devi beccare la fermata a ridosso dell’incrocio, ma non la fermata subito dopo, ma quella subito prima, altrimenti per quei 200m gli Yankee fondatori di questa bella civiltà ti fanno pagare altri 3 dollars. Vabbè, tutto questo per dirvi che i vostri amatissimi hanno percorso i 18 km che li dividevano dal traghetto nel tempo record di 38 minuti prole al seguito, anzi prole urlante al seguito, che con il suo barbarico yohooop sottolineava la cavalcata a rotelle del suo passeggino sul cemento liscio della banchina, un bimbo a 8 ruote che come un purosangue lanciato sul paraboloide, grazie alla paterna foza motrice, fendeva l’aria fino alla lingua di ferro del culo del ferry. Eccoci saliti! Sciogliete le gomene, ingozzate i pistoni! Il naviglio ritrae la sua protesi, un urlo-sirena nell’aria e si parte.  YOOOOHOOOOP!

Arriviamo sull’Isola che siamo poche anime assonnate di una domenica mattina tersa, come un olio di Crivelli (scusate la metafora colta) e con un livello di saturazione dei colori degno di un default-desktop di windows. Certo ci sono nugoli di moscerini che ti fan desiderare una tenuta da apicoltore, ma pazienza. Capisci che sei arrivato in un posto umano e accogliente da due cose: 1) lasci a terra il frutto dei tuoi lombi e non gli stringi neanche la manina – vai ragazzo mio, l’isola è tua! 2) Abbracci gli altri lombi assai più flessuosi e rotondi e lasci che baci da fidanzati schiocchino nell’aria come per magia.

Forse non abbastanza deserta, ma ugualmente affrontiamo l’isola come naufraghi in cerca di ristoro. Con la pigrizia congenita e acquisita che ci contraddistingue affidiamo la curatela del duenne alla natura contaminata dai parco giochi e mamma e papà – finalmente – si svaccano su una panchina al sole incuranti del mondo. Il fanciullo biondo intanto dava dimostrazioni di incauta destrezza che il padre guardava con una sola parte del cervello, mentre l’altra era impegnata a pregare che alla fine dello scivolo ci arrivasse di piedi e non di testa (ma tanto siamo assicurati! strozzini!), la madre invece si limitava a distribuire tenere raccomandazioni con gli occhi chiusi di chi si abbronza, come petali di margherite partivano, lanciati nell’aria, i suoi: “stai attento, tato!”, “dai forza, prima un piede poi l’altro” e cosi via.

Dopo circa un paio d’ore, in cui l’ometto gongolante ha rischiato di, nell’ordine:

1) cadere nel canale in mezzo alle barche

2) essere centrato in piena fronte dal freesbe dei giocatori di Disc-Golf (se sapete cos’è il golf e qualche volta avete lanciato un freesbe siete già pronti per iniziare, al posto delle buche ci sono piccoli rettangoli di cemento dove il vostro freesbe – un pò più pesante – deve atterrare in meno lanci possibili)

3) arrotato dalle quadriciclette che i visitatori affittavano a profusione

4) travolto da 5 quattordicenni che giocavano a Star Wars

5) attaccare – finalmente – l’Ontario con i suoi carriarmati (vedi filmato http://youtu.be/-62jcydAWEo )

Dopo un paio d’ore dicevamo, i Rizzos cominciano ad avvertire i morsi della fame… e allora decidono, lancia in resta, di partire alla scoperta delle amenità del luogo, indagando se anche in quelle lande desolate rimpizzate schifosamente di natura esistono posti dove in cambio di fruscianti verdoni ti riempiono la pancia di proteine animali e vegetali, sempre in barba ai peregrini tentativi salutistico-vegani della mamma morbida e odorosa.

Non facciamo troppa strada, figurati, un ballerino sui 60 con i pattini ai piedi e le cuffiette, con un fare alla Woody Allen convertito al fitness bucolico, ci consiglia un piccolo ristorantino proprio là a due passi, dove la roba costa cara ma ne vale la pena – sempre meglio della pizza condita di gastrite.

Devo dire che il Nureyev delle 8 ruote aveva ragione, abbiamo mangiato e ne abbiamo goduto. EH FINALMENTE CAZZO!  E fatemi direi qualche parolaccia! Dopo la feta alla cicuta del greco, i ravioli fritti-fritti del cinese, finalmente un panino, un cazzo di panino fatto come si deve, un ciabattone da 3 etti, serio, quasi arrogante, ma bello come poche cose al mondo, arroventato sulla brace, cosparso di burro, traboccante di pollo alla griglia, di pancetta croccante, di insalata vera, pomodori grassi e qualche intrigante cremina umida che solletica tutti gli umori, e finalmente una birra, anzi due birre, una bionda decisa ad alta fermentazione che manda in sollucchero la sposa e una weiss cazzuta e torbida, da vero macho, di quelle che quando scendono cospargono di limo il gargarozzo che diventa di nuovo fertile come la mesopotamia. Aaaaaahhhhhhhhhhhh.

Ehi… in tutto questo anche il pupo ha goduto, il suo uovo sodo è arrivato cotto a puntino, in un piatto grande quanto il sagrato di un Duomo a vostra scelta, guarnito con fette altere del suddetto pane e un’insalatina verde che il pater familias ha consumato come dessert.

46 dollars brothers! Vabbè… il mondo opaco regalato dal tasso alcolico ci restituisce la capacità di sopportare il salasso… e ciondolanti avviamo la transumanza verso la seconda panchina di questo eterno pomeriggio canadese, di questa sconfinata isola che passa sotto i nostri piedi.

Scopriremo più in là tutte le attrazioni di una Disneyland progettata da John Ford e Jerry Scotti, improbabile duetto, dove tutte le attrazioni hanno le buone intenzioni della tradizione e il ridicolo della parodia. C’è la teiera con le tazze che girano, le apine che volano in alto (fino a 2 metri!), il finto Far West, i cigni fuoribordo che galleggiano sulle sponde, l’immancabile sequela di chioschetti spaccia-cibo, ma, signori e signore, è tutto chiuso, serrado, closed. Con grande sollievo delle nostre tasche i molteplici surrogati di una giostra non sguinzagliano nel cielo le loro odiose canzonette. Il figliolo si deve accontentare di mimare il suono di un trenino cavalcioni ad una arruginita mini-locomotiva, e per lui è già tanto anzi forse pure meglio. In effetti il fascino discreto che ha questo posto è proprio nella sua inconfutabile desolatezza, nessun bambino nel raggio di kilometri, nessun suono elettronico interrompeva lo stormire delle foglie al vento (oooohhh), solo noi e il pupo. Che goduria! Ma tanto ci torneremo, magari con i nonni… perchè siamo masochisti, nel pieno del delirio, quando 10000 mostri urlanti e coloro che li hanno messi al mondo sfonderanno la barriera del suono in questo strano posto dove ora si sentono starnazzare le anatre, grugnire i maiali, gridare i pavoni e garrire i gabbiani.

Un pensiero su “é domenica! tutti in gita!

  1. Ecco il mio primo commento, finalmente. Non ci siamo fatti sentire ma vi abbiamo seguiti con attenzione (leggi apprensione). Ora che ci siamo in parte tranquillizzati posso dirvi in ritardo che l’idea del blog è stata davvero felice, che Gio ha un futuro come scrittore di romanzi – diario (non sono ironico, pensaci davvero), e che le foto della Simo (soprattutto alcune del parco) sono bellissime. Qua a Milano grandina e l’ideuzza mia e di Giulia di fare un salto in Liguria è saltata perchè là il tempo non è migliore..vorrà dire che tornerò al mio manuale-mattone di Diritto Commerciale.
    Un abbraccio a tutti
    ps: Gio, poi facci sapere come va con la Legione canadese..

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